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WHISTLEBLOWLING: L’ANONIMATO È DA ESCLUDERE SE C’È IMPATTO PENALE
2 marzo 2018

Cassazione: è possibile rivelare in sede disciplinare il nome di chi effettua la denuncia

Può essere rivelata anche in sede disciplinare l’identità del dipendente pubblico che denuncia, senza esporsi pubblicamente, il collega al responsabile per la prevenzione della corruzione dell’amministrazione di riferimento.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione (Penale, Sez. VI) con la sentenza 9041/2018 del 27 febbraio scorso: la condizione di “rivelabilità” del nome del denunciante è che sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato conoscere tale informazione.

Inoltre, aggiungono gli ermellini, se la segnalazione viene utilizzata in senso penale, non c’è alcun spazio per l’anonimato, visto anche quanto disposto dalla legge 179/2017 che ha modificato il TU Pubblico Impiego.

Il caso di specie
Si tratta di una segnalazione effettuata all’ufficio del responsabile per la prevenzione della corruzione (RPCT) tramite posta elettronica interna. Per questo, pur essendo in forma anonima, la segnalazione può facilmente ‘indirizzare’ verso chi l’ha presentata (credenziali per accesso mail): nel corso del procedimento penale il nome dell’accusatore viene rivelato e per la difesa, così facendo, vengono valorizzati, per determinare il quadro dei gravi indizi di reato, elementi tratti da una denuncia anonima. Inoltre, non deve essere attribuito alcun peso al fatto che, in seguito, era avvenuta l’identificazione del denunciante.

La pronuncia della Cassazione
Secondo la Corte, il riserbo sull’identità del whistleblower nel pubblico impiego opera soltanto in ambito disciplinare e risulta pure subordinato al fatto che la contestazione “
sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione“, a patto però che la successiva ed eventuale contestazione non si basi esclusivamente sulla segnalazione stessa. In quest’ultimo caso, infatti, l’identità può essere rivelata quando assolutamente necessaria per la difesa dell’accusato

Tornando alle legge 179/2017, la Cassazione osserva infine che con disciplina più puntuale, coerentemente alla perseguita finalità di apprestare un’efficace tutela del dipendete pubblico che riveli illeciti, è precisato espressamente che, “nell’ambito del procedimento penale, l’identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 329 del Codice penale“.

Qui la sentenza 9041/2018 della Corte di Cassazione.

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